lunedì 3 giugno 2013


QUEL PESTICIDA DI MISTER PARKINSON E LA LEGGE DI GRAVITA'

Carissimi amici,  
il mio Blog ritorna a vivere perché devo adeguarmi anch’io alla modernità, che ha deciso che solo chi lavora nel settore informatico sopravvive ai malanni,  alle intemperie, ai fallimenti professionali salvati dalla politica via Internet, e - nel mio caso - alle carognate sempre più frequenti di Mister Parkinson, di cui,  proprio grazie ad Internet, sono finalmente riuscito a conoscere le origini. Pare che la colpa sia tutta di un pesticida: proprio così! Lo testimonia la rivista medica dell’American Accademy of Neurology, secondo cui, la relazione fra pesticidi e Parkinson è talmente forte che in alcuni paesi l’incidenza della malattia dipenderebbe dal tipo di agricoltura che vi si pratica. Dunque il mio malanno discenderebbe dal cavolfiore, che è da sempre l’ortaggio più coltivato nelle campagne di Sassari, la mia città, i cui abitanti, compreso il sottoscritto, vengono chiamati da sempre “Sassaresi magnacaura” (sassaresi mangia cavoli). E’ bello sapere che anche le Accademy americane abbiano deciso di occuparsi  dei cavoli nostri, sia pure macchiandoli di peste!
            ( Per avere una conferma cliccate sul messaggio più sotto)

http://gaianews.it/salute/confermata-forte-correlazione-fra-pesticidi-e-parkinson-40933.html#.UadYLZ1H4bh

Mrs Parkinson e il mio nuovo Neurologo

   Ma non era solo di questo che io volevo parlare agli amici, nel  riaprire il mio Blog.
   La notizia vera è che ho cambiato il neurologo e che adesso il mio misterioso Mister Parkinson  viene  indagato da uno specialista molto speciale. Intendiamoci: il mio vecchio doctor anti Parkinson è un ottimo neurologo anche lui, meticoloso e capace, sia pure generalista. Tuttavia, circa tre mesi fa mi son lasciato convincere da alcuni amici parkinsoniani a farmi dare un’occhiatina da un altro specialista particolare: giovanissimo,  tedesco di nascita e italo-sardo per sua scelta, che opera in una struttura pubblica e combatte esclusivamente (o quasi) il morbo di Parkinson; inoltre, è sposato ed ha due figli molto piccoli e appassionati di fiabe. Perciò, quando ha scoperto che io trascorro la mia vecchiaia a scrivere libri per bambini, si è entusiasmato. Così, al secondo appuntamento, gli ho portato i miei “Il Buio fifone” e “La Fortuna sfortunata”, editi da Nuove Edizioni Romane (lo dico perché sono grato a questa coraggiosa casa editrice che ha valorizzato il mio lavoro) e scritti da me in collaborazione e con supporto psicologico di mia moglie Iole Sotgiu, che conosce bene i bambini difficili e sa come trattarli. Così, al terzo appuntamento, mentre analizzava con occhio clinico i miei passetti pesanti e il pacato tremolio del mio braccio destro, mi ha raccontato che ogni notte è “costretto” a leggere  a voce alta la mia storia del Lettino piscialetto e del Buio che aveva paura di se stesso. Non so ancora spiegare il perché, ma la mia fiducia nel futuro è decisamente migliorata  
   A questo punto dovrei rivelare il nome del mio nuovo specialista, ma preferisco non farlo pubblicamente per ragioni di discrezionalità e di privacy, come ho già fatto per il mio precedente neurologo. Perciò, chi vuole conoscere il mio nuovo medico, potrà scrivere direttamente al mio Blog, oppure al mio Facebook o alla mia E-mail: ennafranco@yahoo.it
   Ma adesso cambiamo completamente argomento e parliamo invece di Leggi fisiche e di Gravitazione universale. Perché? Perché mi diverte e mi fa sentire meglio.
    E’ accaduto, infatti, che nel ricercare tra le mie carte un vecchio copione teatrale, mi è capitato di trovare un vecchissimo pezzo di cronaca, datato addirittura 1971, in piena bagarre sessantottesca, destinato al quotidiano “La Nuova Sardegna”, in cui mi divertivo anch’io, come tanti, a prendere per i fondelli certi eccessi “ideologici” di gran moda in quei tempi, proprio quando Giovanni Leone prendeva il posto di Saragat e Giulio Andreotti si allenava impunemente a scalare Montecitorio.                         
   Il mio articolo faceva riferimento ad una clamorosa e vera notizia giornalistica su un sindaco brasiliano un po’ “loco”, che pretendeva esplicitamente l’abrogazione della “Legge di Gravità”, perché gli impediva di far arrivare al suo “pueblo”, situato sulla cima di un’alta collina, l’acqua di una grossa cisterna costruita su una sorgente ai piedi della stessa collina . Il mio pezzo s’intitolava:

Basta con la Legge di Gravità!

“Era tempo che qualcuno trovasse finalmente il coraggio di levare la sua voce  contro l’iniqua Legge di Gravità, che tarpa le ali all’umanità e tende ad inchiodare alla terra le classi lavoratrici, impedendo loro di elevarsi a più giuste condizioni di vita.
   Il merito della clamorosa protesta va attribuita al signor Minervo Pimmentel, sindaco di Palmaira Dos Indios (Brasile), il quale ha proposto al suo Consiglio comunale di far revocare la Legge di Gravità, che gl’impedisce di approvvigionare i quartieri alti della sua città. E’ tempo che l’opinione pubblica mondiale si renda conto dell’inumanità d’una legge (vecchia, si badi bene, di tre secoli) che impedisce il normale approvvigionamento idrico della parte più alta di un’intera città. 
   In un interevento su un giornale locale, lo stesso capo dell’opposizione della Giunta Palmeira ha ammesso di non sapere nemmeno lui se questa Legge sia statale o municipale, esprimendo alcuni dubbi sulla concreta possibilità di una sua abrogazione.
  Ebbene, noi siamo in grado di fornire all’opposizione tutte le delucidazioni necessarie.
La legge in questione – nota anche come “Legge Newton”- risale alla fine del 1600, ed è di chiara marca anglosassone e quindi nettamente classista e colonialista. Il fisico Isaac Newton, infatti, la mise a punto rifacendosi alle idee demagogiche d’un astronomo dilettante pisano, un certo Galileo Galilei, di professione oculista e titolare di una piccola fabbrica di orologi a pendolo. Costui, approfittando della “Caduta dei Gravi” (un altro oscuro episodio della nostra Storia, non ancora sufficientemente chiarito), insinuò la teoria secondo cui tutti i corpi, e quindi anche gli uomini, subiscono l’inesorabile attrazione della terra. Partendo da questo presupposto nebuloso, al Newton non fu difficile formulare e far approvare la sua famigerata Legge, che legò per sempre alla terra incolta le classi lavoratrici meno abbienti, rendendo più facile ai borghesi come lui il recupero delle mele cadute liberamente dagli alberi dei loro frutteti.
    La legge in questione fu subito sfruttata dal governo inglese, che mezzo secolo più tardi poté dare l’avvio alla sua politica industriale e colonialista. Naturalmente, l’importanza di tale legge non sfuggì ai detentori del potere assolutistico delle altre potenze europee, che la misero in atto spietatamente.
   In questa lotta senza quartiere, inoltre, non bisogna sottovalutare la forza della reazione clericale, saldamente abbarbicata alla gravità. Esse, infatti, nell’eventualità di una abrogazione della legge in questione, potrebbero perdere il diritto all’esclusiva di certe “Ascensioni” miracolose, avvenute tra l’altro prima che la legge Newton entrasse in vigore.
   Ma l’opposizione alla legge in questione è solo un primo passo verso la definitiva eliminazione di altre leggi consimili, le quali, dietro il paravento  della Fisica, nascondono strumenti di sopraffazione politica. Intendiamo riferirci in particolare all’assurda Legge Lavoisier: “In natura nulla si crea e nulla si distrugge”,  chiaramente immobilistica e anti progressista; e all’ancora più stramba Legge Keplero: “Il quadrato del periodo di rivoluzione dei pianeti è proporzionale al cubo della sua distanza media”,. volutamente oscura per confondere le idee alle masse proletarie, le quali potranno sempre rispondere che i loro quadrati rivoluzionari  non sono affatto proporzionali ai cubi di nessun e tantomeno a quelli delle distanze medie. Ma soprattutto la nostra opposizione dovrà essere rivolta all’altra, ancora più famigerata legge Newton (sempre lui!): La cosiddetta”Legge di Gravitazione  universale”, al cui articolo 2 sta scritto testualmente: “Ad ogni azione (rivoluzionaria) corrisponde un  reazione uguale e contraria”. Inutile dire che ci troviamo di fronte alla più sfacciata e scandalosa giustificazione giuridica della reazione padronale. La cosa, ovviamene si commenta da sola.
   Ma ora diciamo basta! E’ il momento di spezzare definitivamente i legami con il passato e di eliminare una volta per tutte queste anacronistiche leggi intrise di ottuso fatalismo. Se vogliamo essere veramente liberi, dobbiamo estirpare alla radice tutto ciò che serve soltanto a rafforzare il monopolio spaziale degli imperialisti americani e della cricca revisionista dei dirigenti sovietici, ancora una volta uniti insieme vergognosamente nell’intento d’impedire ai veri proletari contadini il distacco dalla schiavitù della terra. L’imponderabile appartiene a tutti perché è patrimonio comune! E non è giusto che soltanto i loro astronauti possano usufruirne liberamente, esibendo per più, dai teleschermi,  i loro glutei argentati e senza peso, con sfacciata ostentazione”.     





giovedì 26 luglio 2012


26 Luglio 2012

DA MR PARKINSON A “SAGUARO”: IL NUOVO FUMETTO DI BONELLI

D’accordo, lo ammetto: Mister Parkinson m’ha rotto i cosiddetti  come non mai! E’ diventato un sorta di labirinto senza uscite e senza fili d’Arianna che possano accompagnarmi verso l’aria pura.. Il braccio destro s’inceppa dopo mezz’ora e quello sinistro tarda a sostituirlo, non so se per incapacità o  pigrizia o per dispetto, mentre il passo del podista scantona quasi subito alla prima salita. Per tutto questo ho chiuso il mio blog per quasi tre  mesi, per non sentirmi obbligato a sparlarne ancora.
Oggi l’ho riaperto perché uno dei miei vecchi amici più sinceri è rimasto solo,  dopo una vita piena di attività, di sport, di lavoro e di affetti sicuri. E’ vero, gli stanno vicini i figli e i nipoti, ma quando ti manca la compagna con cui hai costruito quasi l’intera tua vita, il vuoto diventa sempre più  profondo e non sai mai come risalire la china.
Io so che lui, comunque, ce la farà, perché conosco bene il mio amico Tonuccio. Siamo  stati compagni di scuola fin dalla prima media, poi anche alle superiori e all’università. Lui era la mia ala destra a cui era  facile affidare il pallone per portarla fino in rete come una saetta. Poi, a metà strada, alle Magistrali,  arrivò per lui Enza, che non gli cambiò la vita perché fu come se l’avessero vissuta insieme da sempre; però gliel’arricchì,  la riempì di  entusiasmi, di  vigorosa allegria e forse gli fece capire che il pallone è un gioco di passaggi, ma  anche di passaggio. Il che non gl’impedì di diventare responsabile del settore FGC giovanile  per molti anni.
Abbiamo salutato Enza per l’ultimo viaggio in una chiesa stracolma di amici che sembravano essere spariti nel chiasso di questi lunghi anni della prima vecchiaia e che sono riapparsi dal tempo per testimoniare l’addio ad una moglie, ad una mamma e ad un’amica che quando rideva con gli occhi e con il cuore, sapeva essere  una vera esplosone di gioia. Buon viaggio, Enza. Sarà difficile per tutti noi dimenticarti.
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Ma questi tre mesi sonno stati ricchi anche di avvenimenti positivi e per noi addirittura “epocali”. Mi riferisco in particolare alla nascita di un nuovo fumetto dell’Editore Bonelli, il cui terzo numero è uscito in edicola proprio ieri. Il nuovo personaggio si chiama “SAGUARO” e il suo creatore nonché sceneggiatore tuttofare è  Bruno Enna, mio figlio (modestamente parlando). Il fumetto in questione è l’ultimo nato in casa Bonelli, grazie soprattutto al gande Sergio, scomparso alcuni mesi fa, che ne ha caldeggiato da subito  la pubblicazione, suscitando l’attenzione di esperti e soprattutto di tantissimi appassionati, molti dei quali parlano addirittura del “nuovo Tex”. In effetti si tratta di un  nativo americano, un Navajo  dell’Arizona di nome Thorn, soprannominato “Saguaro”, che vuol dire “Grande Cactus”, le cui avventure sono ambientate nei favolosi Anni  ‘70.
Il nostro eroe, taciturno e spinoso,  dopo essere sopravvissuto alla disastrosa guerra del Vietnam, è rientrato con l’animo chiuso e il muso duro a Window Rock, con la sua motocicletta (che ha sostituito il cavallo texano) e la voglia di riprendersi la sua vita tra la sua gente: Finché qualcuno non gli proporrà proprio di creare un corpo speciale di agenti federali sul territorio indiano, che cambierà completamente la sua esistenza.
Leggere per credere! I primi due numeri del nostro Saguaro sono andati esauriti e altrettanto sta avvenendo per la terza puntata, intitolata “Il morso dl cobra”  . Perciò, non perdete tempo. Con soli euro 2,90  passerete una serata come se foste in Texas (anzi, no: in Arizona).

E adesso  riparliamo di me. Beh, perché no? E’ il mio Blog!
Quasi un anno e mezzo fa, per ragioni che ora mi sfuggono, vi proposi la lettura di un paio di capitoli di un mio “instant book” (che vuol dire libro  istantaneo e rinnovabile), rimasto inconcluso, ambientato tendenzialmente in almeno 7 Campionati mondiali di calcio, dal 1982 (Spagna) al 2006 (Germania), vinti dalla nostra Nazionale. La storia s’intitolava “Nieddukepighe” e raccontava le vicende un po’ astruse di un “venditore di morte”: un commerciante di armi proibite, che viene a sua volta colpito da un fulmine durante l’ultimo calcio di rigore di Fabio Grosso nella finale contro la Francia del 2006. e la sua anima finisce in unu “Liminarzu”, una sorta di Limbo, dove viene sottoposto a numerose reincarnazioni per salvare persone da lui stesso danneggiate. Insomma, un racconto un po’ astruso che non riuscivo a concludere decentemente, tanto da convincere un buon editore. Così l’ho messo da parte aspettando un’altra occasione,che si è presentata puntualmente durante i recenti Campionati Europei di Calcio di qualche mese fa, a Kiev. Proprio la delusione della sconfitta finale, mi ha spinto a rimetterci mano e riscrivere una nuova conclusione e un nuovo titolo: “L’ULTIMO CALCIO DI RIGORE (L’ITALIA  NEL PALLONE): un “istant book”, appunto che ho proposto direttamente  ad Amazon: un po’ per gioco e un po’ per scaramanzia. Beh,  non ci crederete, ma è andata. Il libro ora è già lì, alla portata di tutti, basta cliccare su:


e siete arrivati; poi, avrete a disposizione l’intero romanzo, da leggere e da commentare, se ne avrete voglia.

Chiudo qui, perché è già giorno e la famiglia si sveglia. Una buona giornata a tutti

  

lunedì 30 aprile 2012


STIMOLAZIONE PERIFERICA MECCANICA PLANTARE


MILANO - Al XII Congresso Nazionale di Parkinson Italia appena concluso a Verbania è stato presentato dalla dottoressa Franca Barbic dell’Istituto Humanitas un rivoluzionario approccio terapeutico per i pazienti affetti da malattia di Parkinson. Tramite una stimolazione meccanica della durata di 6 secondi che si ripete in modo sequenziale per 4 volte effettuata con un dinamometro a punta smussa sull’alluce e sulla prima giunzione metatarsale della pianta del piede migliorano i disturbi del cammino e la postura dei pazienti. La nuova tecnica si chiama FMS, acronimo di Foot Mechanical Stimulation, cioè stimolazione meccanica plantare
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E’ straordinario constatare come, per un malanno che viene curato da quasi due secoli, sia possibile solo oggi facilitare la deambulazione con una semplice “stimolazione meccanica” (una puntura? una piccola scossa?) di  appena 6 secondi sotto l’alluce d’un piede parkinsoniano. A saperlo prima, il mio neurologo si sarebbe già munito da tempo di un buon”dinamometro a punta smussa”, ammesso che anche lui sappia che cosa significa.... Cerchiamo su Internet.
1°“Dinamometro sollevatore di pesi”: non c’interessa – 2°:Macchina di prove di frizione su bulloni”: idem. – 3° “Dinamometro meccanico economico a cilindro, con gancio”: costa poco ma non sai a cosa serve .- 4° “Dinamometro dinamico portatile a punta smussa, euro 196,58”: troppo caro!- 5°”Questo tipo di file può danneggiare il computer”: oh, catz, chiudi subito!!  
Insomma, non è facile documentarsi su uno strumento nato probabilmente per montacarichi e poi utilizzato in ortopedia. Per fortuna, su Google è già possibile rintracciare l’articolo di Cesare Pecariti sul Corriere, che offre comunque speranze future, da metabolizzare bene quando il passo sarà davvero moscio e “inciampevole”. Allo stato attuale, almeno per me, appare ancora utile il “Passo del marciatore” (non del “maratoneta”, come scrissi erroneamente in una delle mie puntate più lette): che consiste nello “scagliare” davanti a sé stinchi e polpacci delle due gambe con determinazione, facendo leva sulle ginocchia per non trascinare i piedi.
Un altro aspetto piuttosto interessante dell’articolo in questione è quello relativo all’ipotesi che la nicotina delle sigarette contenga una sostanza che sostituirebbe la dopamina o, meglio, la “levodopa”, che è una dopamina sintetica, utilizzata per sopperire alla carenza di dopamina naturale. Tuttavia:
“Il tallone d’achille della levodopa” scrive ancora il Corriere, “ è il mancato controllo dei disturbi del cammino e dell’instabilità posturale che si osservano soprattutto nei parkinsoniani anziani o nelle forme più gravi... La levodopa qui  non ha effetto perché queste cellule non usano la dopamina, ma un altro neurotrasmettitore: l’aceticolina. Ciò spiegherebbe le ipotesi che vedono nell’abitudine al fumo un effetto nei confronti del parkinson: la nicotina è infatti notoriamente in grado di agire sui recettori neuronali dell’acetilcolina”...
Se questo non è un invito a riprendere a fumare, che altro sarebbe? Ma io ho smesso di fumare  una trentina d’anni fa, dopo un’operazione antitumorale dovuta, secondo i medici,  proprio all’abuso di nicotina. Anche se poi, in verità, il problema si è riproposto trent’anni dopo senza neppure aver odorato il fumo di una sola sigaretta.. Insomma, che devo fare ora? Mi riattacco alle malboro per non strascicare i piedi, come fa John Wayne quando spara ai banditi col mezzo sigaro in bocca? Penso proprio di no: meglio il passo del marciatore! L’ho risperimentato l’altra sera, nelle breve salita che conduce alla studio del mio neurologo. Le scarpe leggere di questa umida primavera hanno facilitato il passo slanciato, quasi militaresco, con cui generalmente reagisco alla spinta dei passetti da inciampo, strascicati e confusi, tipici di Mister Park. Però non avevo ancora letto il pezzo del Corriere, perciò non ho potuto discuterne col mio dottore, che in genere appare sempre “possibilista” con le nuove frontiere antiparkinsoniste, ma con qualche dubbioso scetticismo, sia pure espresso con discrezione.  Così mi sono ripromesso di appuntarmi un bel “Dinamometro a punta smussa” nel mio taccuino e di riparlarne con lui tra due mesi. Nel frattempo, sembra che il mio organismo risponda ancora bene alle sette pastiglie giornaliere di Ropiniorolo, perciò non è ancora tempo di dinamometri.
Ma, a proposito di sigarette e nicotina, è proprio dei giorni scorsi la notizia che finalmente anche il Paese del tabaccai incalliti,  e cioè gli Stati Uniti d’’America,  ha deciso di dare un taglio al monopolio dei produttori di tabacco, imponendo anche lassù l’inclusione di un monito terroristico sui pacchetti di sigarette, con frasi del tipo : “Il  fumo uccide e le nonne sopravvivono ”; “IL  cancro è nascosto in una di queste sigarette, ma tu non sai quale”, e così via smalocchiando.  Ma anche da noi non si scherza. L’ultimo slogan antifumo, dal significato ambiguo, l’ho letto nel pacchetto di sigarette di un’anziana fumatrice irriducibile: “FUMARE IN GRAVIDANZA FA MALE AL BAMBINO”. Ma come, dico io:  hai un bambino gravido e gli compri anche le sigarette?! In che mondo viviamo, porca vacca!!!

P.S. Breve annotazione politica, per gli amici sardi.
Al prossimo referendum abrogativo, io voterò SI’ all’abrogazione delle nuove  province sarde, ma solo per ragioni di opportunità economica (anche se la provincia di Gallura la salverei). Voterò invece un NO deciso alla soppressione delle Province storiche perché ritengo questa iniziativa referendaria del tutto inutile e strumentale, Non dimentichiamoci che le province rappresentano un’istituzione tra le più antiche della nostra Storia, dai tempi dell’antica Roma agli esordi del Regno d’Italia; ma soprattutto si tratta  di un organismo prevalentemente amministrativo, indispensabile a tenere sotto controllo i campanilismi comunali in relazione all’organizzazione del territorio. E c’è anche, secondo me, una motivazione di natura politica e sociale da non sottovalutare. Basta dare un’occhiata ai parlamentari  statali e agli onorevoli regionali degli ultimi vent’anni per capire che la cosiddetta “Casta” non è formata solo da politici consolidati,ma soprattutto da personaggi che dominano l’economia italiana in tutti i settori, soprattutto quelli bancari. Con tutto il rispetto per l’accademico Monti, l’intero suo staff è  strettamente collegato al settore finanziario e ciascuno di essi può mostrare con orgogliosa saccenteria cartelle di redditi milionarie. Ma anche con Berlusocni non si scherzava (a parte le serate con le burlesque in famiglia), Attualmente soltanto le Province, oltre ai Comuni,  possono ancora essere governate da consiglieri provenienti dal proletariato e dalla cosiddetta classe  media, perché si tratta di gente  normale che vuol essere utile alla comunità e che, nel contempo, vuole imparare a conoscere i tempi e le regole della politica vera. Sono troppi anche loro? Bene: dimezziamoli. Ma non lasciamo che il potere economico travestito da politica si appropri anche degli spiccioli delle nostre piccole comunità.

lunedì 12 marzo 2012

MRS PARKINSON E IL MANGANESE

Lunedì 12 marzo 2012

MRS PARKINSON, SIMONIDE E IL MANGANESE

Post Scriptum
Sembrerebbe un nonsenso, ma non lo è più di tanto. L’ultimo mio blog sul “Metodo Simonide” avrebbe apparentemente dimenticato il motivo vero per cui il sottoscritto ha ripreso in mano il suo (cioè, il mio) Blog su Mrs Parkinson & C.  Il tema centrale sarebbe dovuto essere il presunto collegamento tra il morboso malanno e il biossido  di manganese, di cui si stanno occupando recentemente Internet e dintorni, con un anticipazione di tecnica mnemonica per non perdere la propria automobile in un parcheggio di quartiere.
Dunque, il tema centrale del mio blog precedente sarebbe dovuta essere una notizia fornitami, come sempre e puntualmente, da mio figlio Mauro.psicologo e maratoneta internettiano, che mi ha trasmesso la notizia del giorno per tutti noi parkinsoniani di ferro... ed ora anche di monossido di manganese. Ecco la notizia che sicuramente molti dei miei lettori affezionati conoscono di già. Proviene dall’inserto informatico del Sole 24 Ore, che dice testualmente:

Scoperto il «nuovo» Parkinson: alla base
un eccesso di manganese

“Un eccesso di manganese nell'organismo alla base di una nuova tipologia di Parkinson: è quanto emerge da uno studio pubblicato su American Journal of Human Genetics dal team di Antonio Federico, direttore dell’Unità operativa complessa Clinica neurologica e malattie neurometaboliche del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena e dai ricercatori olandesi dell’Università di Rotterdam. 
La scoperta è stata effettuata esaminando una coppia di fratelli adulti colpiti da parkinsonismo e distonia (difficoltà motoria dovuta ad atteggiamenti posturali involontari): sarebbe una mutazione in una proteina che ha il compito di veicolare il manganese - elemento chimico chiave per il metabolismo - a provocarne la presenza nell'organismo in quantità eccessive. «Il manganese è essenziale per numerosi processi metabolici, ma può diventare tossico in quantità eccessiva - spiega Federico -. Abbiamo evidenziato un eccesso di questa sostanza secondario a una mutazione di una proteina responsabile del suo trasporto». In un secondo momento lo studio ha previsto il coinvolgimento di una famiglia olandese: «Il passo successivo - conclude l'autore dello studio - è stata la messa a punto di una terapia capace di eliminare il manganese in eccesso, determinando un notevole miglioramento della sintomatologia della malattia». 
di m.c. (02/03/2012)
“Il manganese è un oligonutriente per tutte le forme di vita... Il manganese è stato usato fin dalla preistoria: pigmenti a base di diossido di manganese sono stati ritrovati in pitture rupestri di 17.000 anni fa;  il minerale di ferro che usavano gli Spartani per fabbricare le loro armi conteneva una certa quantità di manganese, che si concentrava durante la fusione creando una lega ferro-manganese, che conferiva alle armi spartane la loro leggendaria durezza”
Dunque, riassumiamo...
 I nostri antenati più antichi avevano scoperto i “pigmenti di diossido di manganese”, presumibilmente per rendere più durature le loro pitture rupestri, tanto da conservarne la bellezza fino ai nostri giorni, in attesa di un nuovo Picasso; ma solo molto più tardi gli Spartani, mescolando il ferro con il manganese, riuscirono a fabbricarono delle armi formidabili, che rendevano tremuli gli Ateniesi. Sarà davvero così o è solo un’impressione?
Comunque sia, l’altro passo da compiere è quello di scoprire con quali sostanze il nostro organismo parkinsoniano si sia ricoperto di manganese. Perciò non resta che attingere ancora da Internet per cercare di rilevare quali cibi da noi normalmente usati contengano tanto di quel perossido di manganese capace di metterci nelle mani di Mister Parkinson.
Presto fatto: sempre su  Internet, cliccare la voce “Alimenti che contengono Manganese”, e si scopre che il manganese c’è dappertutto: in particolare:

- nel The istantaneo, in polvere e persino deteinato (oh, cavali!) : 133 mg in 100 g. di alimento
- nello zenzero macinato: 33 mg.
- nei chiodi di garofano: 32 mg.
- dallo zafferano, al pepe, alla menta e al basilico secco (addio pasta al pesto!): dai 28 ai 10 mg.
- e poi. giù già, fino alla frutta secca: noci, mandorle, pinoli, grano duro, riso: fra i 4 ei 3,800 mg.
- E le cozze? Solo 3,4 mg: una miseria, se confrontata allo zenzero, ma quando mai hai mangiato due chili di zenzero?
Insomma, siamo tutti nella M...anganese!
L’unica cosa controversa è che questa sostanza chimica, essenziale in generale per la salute dell’uomo, diventa micidiale se assunta in dosi esagerate,  nel Parkinsonismo. Ma non per tutti. Dunque, scopriamo finalmente che esistono per davvero parecchie forme di Parkisonismo... Ma chi ci dice qual è la forma sconsigliata agli irriducibili consumatori di zenzero?
 .

sabato 10 marzo 2012

MISTER PARKINSON E IL METODO SIMONIDE

Sassari, 9 marzo 2012

MISTER PARKINSON E IL METODO SIMONIDE

Mi ero ripromesso di lasciar perdere per sempre il mio Blog e di sbatterlo in cantina, perché volevo confrontarmi da solo con Mister Parkinson il Tremulo, e per oltre tre mesi ho mantenuto con determinazione il mio proposito. Ero stufo di nascondere a me stesso, col  gioco d’una facile ironia, un malanno subdolo e persistente, che mette ogni giorno di più in discussione il tuo modo di muoverti e di confrontarti con la tua vecchia visione del mondo, tutto sommato ancora ottimistica, ma sempre più tremebonda e senile.
Ho avuto qualche ripensamento soltanto dopo aver dato recentemente un’occhiata al mio Blog e aver scoperto che nell’ultimo mese ci sono stati ben 144 visitatori italiani, 74 svedesi, 20 tedeschi, 17 statunitensi, 15 sloveni (e vai Slovenia!), 3 svizzeri, 3 inglesi, 2 russi e persino un lèttone.
Ma soprattutto ha contribuito all’idea del ritorno l’ultima visita dal mio neurologo, durante la quale, in un momento di confidente euforia, ho confessato qualche eccesso di smemoratezza nel mio comportamento quotidiano - che però ha sempre fatto parte del mio stile di vita, che da noi si chiama “ivvintiumini” (svampimento) -,. ma lui mi ha preso in parola e mi ha rifilato un mesetto buono di iniezioni quotidiane di Citicolina a chiappe alterne.
Io, però, avrei voluto parlargli del mio sistema mnemonico, che chiamo di  “Simonide di Cleo”, che fu un filosofo greco particolarmente dotato sul piano dell’uso dei propri sensi, al quale accadde un giorno di salvarsi causalmente dal crollo catastrofico di un simposio, dove morirono quasi tutti i suoi allievi che furono letteralmente resi irriconoscibili  dallo schiacciamento del caseggiato. E lui, dopo essersi ripreso dallo shock, si concentrò allora su se stesso e ricostruì mentalmente il caseggiato, piazzando negli spazi giusti e nei sedili, nome per nome, gli allievi, gli amici e tutto il personale che stava partecipando al simposio. Dopo di che, accompagnò uno per uno i  parenti disperati nei punti indicato e a  ciascun corpo martoriato Simonide seppe dare il nome giusto per il seppellimento (Cfr. in proposito il prologo del saggio “L’arte di ricordare tutto” del giornalista scrittore Joshua Foer, Ed Longanesi).
Anch’io avrei voluto rivelare al mio neurologo il mio metodo “spazio-simonideo” di recupero quotidiano della mia Ford Fiesta, dopo averla parcheggiata  in un punto remoto delle strade di ben tre isolati,  attorno ai quali devo quotidianamente fermare la mia macchina, Ma lui aveva ormai deciso per le iniezioni e così fu...  Perciò ora ho deciso di riprendere il mio Blog (ma solo per questa volta) per rivelare ai miei lettori superfedeli, compreso quell’unico Lèttone dell’elenco, il mio metodo di recupero mnemonico, finalizzato soprattutto ad evitare il carro attrezzi per abuso di parcheggio pubblico.
Il mio metodo “Spazio-Simonideo” è relativamente semplice.  In fase di ricerca del parcheggio, evito accuratamente di attraversare strade non comprese nel mio percorso usuale, a costo di rifare il giro tre o quattro volte di seguito, finché qualcuno non sposta la sua auto per cavoli suoi.. Così, al momento del recupero della mia piccola Ford, io mi limito a ripercorrere mentalmente le strade  del mio percorso quotidiano, per stabilire il punto più probabile di ritrovamento. E se all’inizio mi capitava ogni volta di dover fare a piedi il giro dei tre isolati, ora sono in grado di escludere mentalmente gli spazi-parcheggio già utilizzati in precedenza e di puntare direttamente sul percorso più breve. Insomma, ormai riesco a memorizzare direttamente lo spazio parcheggio del giorno, ma anche dei giorni precedenti. Il bello è che, con questo sistema, riesco anche a stabilire dove, come e perché il mio portafogli ha al mattino una certa somma e a sera sia quasi del tutto vuoto.
L’altro ieri, ad esempio, ho scoperto che dei 200 euro rilevati col bancomat al mattino erano rimasti pochi spiccioli. Ricordavo bene di aver effettuato diverse compere nell’arco della giornata, ma i conti non tornavano. Li avevo perduti? Li avevo spesi? Dovevo soltanto verificare col sistema “Spazio-Simonideo”. Perciò ho suddiviso mentalmente i miei percorsi dell’intera giornata, sistemando in ogni lato del quadrilatero del quartiere le spese effettivamente effettuate, a partire dal fast food di mezzogiorno e la pasticceria per la torta del compleanno di Bruno, per poi raggiungere (sempre mentalmente), sull’altro lato del quartiere, il distributore di benzina e, lì vicino, la lavanderia a secco per i giacconi di Stefano; e visto che ormai ero mentalmente in zona Viale Italia, sono passato in farmacia per le fiale di Citochilina e poi al Conad per un portafogli nuovo. Conti alla mano mancavano ancora una trentina di euro, e per ritrovarli ho dovuto uscire dallo schema-quartiere, per aggiungere in  conto una capatina pomeridiana al Conforama con Iole. I conti sono tornati alla perfezione, e i 200 euro si sono volatilizzati  con Simonide e l’arte di ricordare. Bisogna che me lo ricordi in anticipo ogni volta che passo davanti ad un bancomat...
A risentirci presto (o no?)                                                                                     

lunedì 28 novembre 2011

LA GIORNATA MONDIALE DI MR PARKINSON

28.11.2011
LA GIORNATA MONDIALE DI Mr PARKINSON

Domenica 27 novembre 2011 era la Giornata Mondiale di Mister Parkinson, mentre il giorno prima, nella mia città (Sassari),  il Centro Parkinson della Clinica Neurologica dell’ospedale  civile ha festeggiato i suoi 10 anni di attività, con una serie di incontri, di conferenze e di amorevoli pacche, da parte di medici e infermieri, sulle spalle dei parkinsoniani e relativo parentado. Non è chiaro che cosa ci fosse da festeggiare, ma va bene anche così: per cui, prosit!
Ciò che lascia perplessi, in queste occasioni, è l’insistenza, da parte dell’ufficialità, sulla presunta esatta denominazione del malanno, che non è più “morbo di Parkinson”, ma “malattia di Parkison”, come se il buon  Doctor James Parkinson fosse stato direttamente vittima del malanno e non studioso  e scopritore. Nessuno, infatti, si sogna di chiamare il Colera la “malattia di Kotch”, dal nome dello scopritore; mentre la diarrea, al contrario, si adegua benissimo alla definizione di  “malanno di Umberto”, dopo il diluvio Monti. Nel nostro caso, inoltre,  il termine “morbo” ha un puro valore storico, perché fu proprio così che, a suo tempo, fu denominato un vero malanno degenerativo del sistema nervoso, attribuendo la denominazione allo scopritore e non all’ammalato.
Ma chi era questo benemerito studioso che scoprì il morbo che causa la degenerazione del sistema nervoso di parecchi ammalati affidati alle sue cure (compreso il sottoscritto)? Per saperlo, occorre ritornare indietro  nel tempo, e più precisamente ai bei tempi delle rivoluzioni settecentesche, in particolare a quelli più vicini alla Rivoluzione Francese.
Com’è noto, la seconda metà del ‘700 fu il periodo storico più incasinato della Storia mondiale, tanto che nessuno Stato, dall’America all’Asia, ne fu completamente immune. Per dirne una: nel decennio che contrassegnò la rivoluzione parigina, persino la Sardegna sentì il bisogno di mandare a quel paese i baroni e i marchesi che dominavano l’Isola da almeno quattro secoli. Così accadde che ad Oristano, nel 1794, ci fu una violentissima rivolta antifeudale che fu guidata da una famiglia di commercianti. E sapete come si chiamavano quei baldi giovanotti rivoluzionari: i fratelli Enna (o Ennas), proprio così! Erano i miei  antenati “parigini”, i quali fecero un gran casino e riuscirono persino a scampare, almeno per un po’, alla feroce reazione baronale. Ma di queste vicende parleremo la prossima puntata, dove spiegherò perché l’ombelico dei neonati, in Sardegna, si chiama “Sa enna ‘e s’anima”: la porta dell’anima! Da quella porta/ombelico (enna, janna, janua, janas, Giano, gins) si entra e si esce con un passaporto speciale... Amen!
Ma ritorniamo al nostro James Parkinson e alle sue vicende storico-scientifiche.

James Parkinson nacque a Londra nel 1755. Era figlio di un chirurgo molto apprezzato nella London bene, che intuì  subitolo le buone potenzialità del giovane James e lo indirizzò allo studio della medicina. Ma al nostro James, più che lo studio, interessava maggiormente l’analisi di una società che sentiva gli echi di un modello di vita, proveniente dal continente europeo,che sempre di più si allontanava da quello aristocratico e curiale di origini ancora medievali, per puntare su una nuova società dominata dalle capacità organizzative e produttive di quella che veniva già chiamata la “società borghese”. Così James continuò gli studi fino al conseguimento della laurea in medicina all’Hospital Medial College di Londra, senza però trascurare l’attività politica “sovversiva” dei suoi amici rivoluzionari, il cui obiettivo finale era quello di far fuori  l’allora re d’Inghilterra Giorgio III. Per sfortuna dei rivoluzionari, il tentativo di golpe fallì miseramente,  e i giovani golpisti finirono tutti in prigione, compreso il giovane James, che però fu assolto durante  il processo, perché dimostrò di essere estraneo al tentativo di assassinio del re. Così poté  riprendere l’attività di chirurgo, che lo allontanò sempre di più dall’attività politica per abbracciare completamente quella di medico ricercatore.
Nel 1817, James Parkinson pubblicò il suo primo lavoro su quella che lui chiamò “paralisi agitante”, che interessava sei casi di suoi pazienti, che soffrivano di tremore, acinesia e rigidità non controllabili. Ma soltanto una quarantina d’anni più tardi, quado James era ormai già defunto dal1824, lo studioso francese Jean Marie Charcot descrisse in un trattato questa particolare condizione clinica, che chiamò "Morbo di Parkinson". E se un grande  esperto come Charcot, appena 160 anni fa chiamò “morbo” quello strano malanno, perché oggi laosi vuole presentare come una banale “malattia”?

“Come fu” che io  conosca tutte queste cose sul morbo di Parkinson? Perché ho studiato, ho letto dei trattati grossi come mattoni... ma soprattutto ho copiato da Internet.
Perciò chiudo questa puntata, citando una curiosa notizia che ho letto sul sito www.parkinson.it, secondo cui...

Ballare il tango per un anno migliora la funzione motoria nel Parkinson
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Martedì 11 Ottobre 2011

tango.jpgI risultati di uno studio controllato

Nell'ambito di uno studio controllato che ha confrontato 31 pazienti parkinsoniani che hanno 
 partecipato ad un programma di ballo argentino (il tango) due volte alla settimana con altri 31 
pazienti che non lo hanno seguito, dopo un anno i pazienti ballerini hanno presentato un 
miglioramento del 28,7% (12,8 punti) del punteggio motorio sulla scala UPDRS, nonchè 
miglioramenti significativi in un test di equilibrio (MiniBESTtest), del freezing (questionario 
FOG) e del cammino (test del cammino per 6 minuti).

Fonte: Duncan & Earhart Neurorehabil Neural Repair online 29 settembre 2011

                             Da Parkinson.it

Bella cosa, non vi pare ? Peccato che io, a mala pena, sappia ballare solo il valzer e
“Su ballu tundu”!

sabato 29 ottobre 2011

MONSU' PARKINSON DEL LIBRO CUORE

MONSU’ PARKINSON DEL LIBRO CUORE

Diciamoci la verità. Il vero problema del mondo di oggi è sempre la Comunicazione. Che però non è mai stato un problema esistenziale, del tipo: “Essere o non essere…Chi siamo, dove andiamo, cosa facciamo, chi paga la cena”…, eccetera. E non è nemmeno una questione di rapporti umani, ma è principalmente un problema di tempo e di tecnologia. Una volta, per esempio, quando non c’erano ancora i telefonini, la posta elettronica e così via, ci si scriveva le lettere, perché la gente aveva un mucchio di tempo da perdere. Se le scrivevano gli innamorati, gli emigrati, i  parenti lontani. Nell’Ottocento,  le scrivevano addirittura i padri ai figli.
Prendiamo il caso del “Libro Cuore”,  quello di Edmondo de Amici, che tutti conosciamo e che ha fatto lacrimare generazioni di scrivani. In questo libro c’è un padre che, per comunicare con il figlio (il quale, si badi bene,  abita a casa sua, mangia alla sua tavola con lui e ogni mattina gli dà persino il bacetto affettuoso  prima d’andare a scuola) : ebbene,  tutte le sante sere questo brav’uomo  sente la necessità di scrivere una lettera al figlio Enrico. Perché lo fa? Forse Enrico ha qualche problema psicologico? E’ balbuziente? Oppure è addirittura sordomuto? Noi non lo sapremo mai. Forse, però,  era  semplicemente quello il suo modo naturale di comunicare, perché, magari,il sordomuto era proprio il padre, chi lo sa?
Ma quel che ci interessa principalmente, in questa sede, è il “tremulo braccio” del papà di Enrico, descritto dall’iconografia ufficiale, che si attarda a definirlo “emotivo” o, peggio ancora, “istintivo e passionale”, ma che a noi appare piuttosto “parkinsoniano”, Lui non lo sapeva, perché il suo creatore forse non ne conosceva neppure l’esistenza. Così un banale tremolio faticatorio  diventava un fattore emotivo in più per avvallare il romanticismo genitoriale del nostro papà scrivano, Monsù Bottini.   
Ma con sua moglie, nel normale rapporto di coppia,  come si comportava, il padre di  Enrico? Ogni volta che doveva comunicare con lei, le scriveva un romanzo d’appendice?…  “Cara Mariarosa Verdirame Princivalle”…  Questo, naturalmente, nelle occasioni ufficiali. Ma nelle situazioni, diciamo così, più intime - la sera a letto, mentre lei s’infilava dentro le lenzuola con la camicia da notte a scafandro, ma senza bigodini , con due bottoncini sbottonati  in maniera civettuola e le caviglie completamente nude - lui che faceva? Si sedeva sul bordo del letto, si chinava sul comodino, prendeva carta e penna e, col suo braccino tremolante, incominciava a scrive: “Cara moglie”. .. Oh! Sua moglie era proprio lì, a due centimetri da lui, bastava allungare una mano, scuoterla un po’, e quella era pronta al sacrificio… Macché! Niente da fare…
“Cara moglie, domani  a pranzo, per il mio genetliaco, anziché la solita minestrina di verdura,  che pure fa tanto bene al mio apparato digerente, avrei tanta voglia di un bel piatto di pennette al sugo.  Ma non di quelle lisce, mia diletta,  bensì quelle  rigate, che mi fan tremar la mano mentre le colgo con la forchetta... proprio come quelle pennette che comprammo insieme, tanto tempo fa,  ricordi?, in quel negozietto all’angolo tra la Via Risorgimento e il viale Savoia… Sai, quell’ometto umile, meschino,  che zoppicava da una gamba  perché gli mancava un piede che gli fu amputato a Custoza, ed era anche  privo del braccino destro che perdette a Solferino… Quel caro, eroico mancino venditore di pennette!”
Oggi, per fortuna,  non è più così. La tecnologia moderna ha enormemente semplificato la comunicazione. I fidanzatini di oggi non sanno più nemmeno cosa sia, non  dico la penna stilografica, ma neppure la biro.  Beh, sì,  la biro la conoscono,  ma  solo perché, quando gli fa male il pollice, la usano per digitare i messaggini  SMS con il cellulare.  E qui, bisogna proprio dirlo,  la comunicazione è stata giustamente ormai ridotta all’osso, per ragioni di tempo,  di spazio e anche di costi.  Al punto che, per interpretare i messaggi dei giovani d’oggi, occorre un criptografo… 
Intanto, hanno eliminato tutte le vocali,  e questo è già un grosso passo avanti, perché in fondo che te ne fai delle vocali? A E I O U… Ormai sono diventate delle espressioni da borgatari:  “AO’, andò VAI?” – “UEH! Gennarie’!”… Inoltre, al posto di certi prefissi, ora si mettono i segni matematici e algebrici, che è poi una soluzione geniale, Faccio un esempio.  Lei digita sul “C - R –C- C”, che vuol dire “CaRo –CiCCi”… Si chiamano Cicci per semplificare, perché se lui si chiama Pierferdinando, diventa tutto un casino. Ma andiamo avanti col messaggino… C’è scritto  “X – K –NN – M- “,  che signfica “PerKè- NoN – Mi ”… Poi viene una “V”, insieme  a una “M”  E qui siamo proprio al rebus delle parole crociate…  In questo caso, infatti, occorre sapere che, nel gergo quotidiano della New Generation,   la “V” sta anche per Vela; e fare Vela vuol dire ancora: “Non andare a scuola”, proprio come ai tempi nostri. In questo caso, però, significa proprio “Vela” e basta….  E dove stanno le vele? Nelle barche. E le barche dove stanno a quest’ora? Nei porti… Dunque, se aggiungiamo la “M”, che vuol dire Mai, abbiamo una prima spiegazione del rebus:… “Perché - non – mi-  porti- mai” … Dove? Andiamo avanti: Ora c’è un segno +, quello dell’addizione,  che potrebbe voler dire tante cose, ma qui è accompagnata  da una “I” che rappresenta, sempre nel loro gergo privato, il simbolo di una candela. A questo punto è facilissimo, no?! Ricapitoliamo pazientemente… Il simbolo + potrebbe essere una Croce… mentre la candela è… di Cera… Dunque: Croce più Cera = Crociera: Da tutto questo, ecco la traduzione completa del messaggio “Perché- Non – Mi - Porti. Mai - In – Crociera?” Firmato:“TM”: “Ti – Amo”.

La cosa più interessante di questo genere di comunicazione telegrafica è che non l’hanno inventata i ragazzi moderni. Nossignori! Esisteva già all’età della pietra, pensate un po’. Mille e mille anni fa, infatti, gli uomini primitivi non conoscevano nemmeno loro le vocali,  e questo si capisce, perché erano davvero dei trogloditi… Comunque, sono state trovate numerosissime rocce piatte, gigantesche, su cui i primitivi scrivevano i loro messaggi. Gli archeologi le chiamano “Stele”: da qui la scoperta del “Linguaggio Stelegrafico”.  Che cosa volevano raccontare i nostri antenati? Per anni e anni e anni non ci ha capito niente nessuno. Fino a quando è stata trovata la “Stele di Umberto”, a Ponte di Legno.  E’ una roccia gigantesca, piatta, ben piantata davanti a una caverna. Sulla stele c’è scritta: “VD – CC – LL - SRGT - DP -  BTT - L - PS T” e poi la firma : MBRT. Dopo anni e anni e anni di studi, gli archeologi della Facoltà di Trento hanno finalmente interpretato la scritta, che secondo loro vuol dire: “VADO – A – CACCIA - ALLA - SORGENTE – DEL - PO – BUTTA – LA – PASTA – TUO - UMBERTO”…  Ma perché ci hanno messo tanto tempo a trovare la traduzione? Perché nel messaggio mancava l’intestazione. Non c’era scritto, che so: “Cara Margherita”, come si fa normalmente con le moglie. Ma poi si è capito che era una forma di immediatezza comunicativa, presumibilmente rallentata da un palese tremolio al braccino destro, dovuto alla tarda  età… C’era da capirlo, il povero Umberto: lui non scriveva con il telefonino o con la biro o con la penna d’oca. Lui aveva una specie di punteruolo fatto di ossidiana, su cui picchiava duro con un  masso di granito, e solo per scrivere la C di Cara ci volevano almeno tre quarti d’ora… E allora, che fai per rispettare l’etichetta? Fai scappare il bisonte?!

Sempre restando nell’ambito del rapporto di coppia, mi sembra utile raccontarvi brevemente l’aneddoto di quei due coniugi veneziani del 2000 avanti Cristo. Erano dei benestanti, avevano un attico in grotta dalle parti di San Marco, e volevano andare in vacanza in Sardegna. <<Ti me l’ha promesso tante volto: te porto in Sardegna, te porto in Sardegna. E alora andemo, ciò>>.  Così, e dai e andemo, partono da Venezia e si fanno tutto il viaggio attorno alla penisola, perché la Sardegna è proprio dall’altra parte… Arrivano dalle parti della Sicilia  e lui, furbetto: <<Varda, Marietta: un’isola! Semo già arrivai in Sardegna>>. Ma lei, che conosceva il linguaggio stelegrafico, vede la scritta  “SCLL – CRDD” sulla punta di Messina e fa:. <<Ma va là, tonto! Leggi lì: c’è scritto “SCILLA e CARIDDI”! Ma ti non leggi mai l’Odissea?>>… Comunque, vanno avanti e dopo dodici anni arrivano sulla punta meridionale della Sardegna, al capo di Pula. <<Tesoro, questa volta xè vero, semo proprio arrivai. Varda lì, c’è la Stele de Nora>>… Nora era una città punica, dove è stata veramente trovata una stele con la scritta SRDN. ..<<Metti a posto tutte le vocali e hai la Sardegna, ostrega!>>. Ma lei non sembrava ancora convinta. <<Non me sembra proprio ela… Nei depliants  de granito che me l’ha ga mandà mia cognata xera più bela, ciò>>. E lui: <<Ma varda qui, nela pietra geografica, ostrega! Qui, dove semo ora, xè la città de Nora… La xè il Capo Teulada: lo cognoscio ben perché ci ho fatto il militare… E  varda qui: xè scritto  KRLS, che vuol dire Karalis, e cioè Cagliari>>. E lei, irritata: <<Karalis? Ma allora ti me g’hai portà in Africa!>>…
Apro qui una piccola parentis politico geografica. Voi dovete sapere che noi sassaresi - che viviamo nel Nord Sardegna- non siamo razzisti… Però dividiamo ugualmente la nostra isola in tre grandi regioni. Da Oristano in giù è Africa; al Centro, fra Barbagia e Macomer, c’è la Terronia; mentre da Alghero in su xè Alto Adige… Chiusa la parentis… <<Ma io volevo andare in Costa, mentecato!>>. <<Ma semo sula costa, benedetta! Varda là: ghe son le scogliere, xè il mare… >> . <<Ma non ‘sta costa! Io volevo dire la Costa Smeralda!>>. <<Oh, bela! Ti xe proprio matta tutta! Noi non podemo andare in Costa… Xè già tutto occupato… Varda qui, sula pietra, la mappa. Ecco: qui xè la villa de Silvio: sono  quattrocento kilometri  quadrati de muro e de filo spinato, per ragioni di sicurezza. Poi c’è la casetta de Paolo: altri duecento kilometri di Auto Estrada tutt’in giro. Più su xè la villa de Marina, poi quela di Piersilvio,  quela della prima moglie… Il convento con vista mare per  le zie suore… E lassù xè Capo Taormina>> . <<Taormina? Ma non gh’era in Sicilia? >> <<Quelo dopo>> <<Dopo cosa?>>. <<Dopo Cristo, benedetta! Noi  ora, co sti padroni del vapore che ce cantano la serenata, xemo  ancora avanti Cristo, troglodita!…>>.