24 settembre 2011
MISTER PARKINSON E LA POMPA D ’INFUSIONE
Lo so, lo so: sono in anticipo di un paio di mesi rispetto all’ultima puntata, quella dei parkinsoniani giapponesi (ma forse anche i nostri, a parte il sottoscritto) che – secondo il Corriere della Sera - non solo non sanno dire bugie, ma lavorano come stakanovisti, non fumano, né bevono e soprattutto si portano il lavoro a letto: a volte anche otto o dieci unità lavorative, proprio come i nostri Cavalieri politici, che per giustificarsi stano forse studiando come disfarsi della dopamina per associarsi alla congrega dei parkinsoniani...
Ma non era di questo che oggi volevo parlare. Questa volta è stato mio figlio Sefano the first, il primo, a segnalarmi un articolo del quotidiano sassarese “La Nuova Sardegna ” di ieri, 23 sttembre, per mostrarmi in Cronaca di Nuoro un bellissimo pezzo sulla:
“Rivoluzione nella terapia per il Parkinson”
Si tratta di una speciale apparecchiatura, che è stata da poco installata nell’Unità di Neurologia dell’ospedale San Francesco di Nuoro (Asl n.3 ), la quale comprende un sistema computerizzato di infusione,che mantiene costante il rilascio di dopamina. Di fatto esiste una sorta di pompa che viene inserita con un intervento sottocutaneo, che consente al “principio attivo” di raggiungere il duodeno, che sarebbe poi quella parte dell’intestino capace di assorbirlo. So che non rivelo una grande novità, visto che molte altre Asl italiane ne usufruiscono da tempo (compreso l’ospedale Brozzu di Cagliari), ma io non lo sapevo: perciò mi permetto di divulgare la notizia a quante più persone interessate possibili.
“Per essere chiari – informa la giornalista Simonetta Selloni, nel giornale in questione – la procedura non rallenta né guarisce i malati di Patkinson; ma a coloro che si trovano nello stadio più impegnativo della patologia, la cui qualità della vita è fortemente alterata dalle continue oscillazioni alle quali anche l’assunzione non continuativa del farmaco li sottopone, si tratta di un importante passo avanti”. Secondo la direttrice dell’Unità stessa, la dottoressa Anna Ticca, Il mantenimento dei livelli di dopamina stabilizza i movimenti degli ammalati più gravi. Inoltre, precisa ancora la giornalista, a scanso di eccessivo entusiasmo in proposito: “E’ bene specificare che non tutti i pazienti possono accedervi, ma solo a quelli per i quali la paurosa altalena tra la stasi e l’eccesso di movimento rende problematica la vita”. Grazie Simonetta. Anche se nessuno di noi si augura di raggiungere mai lo stadio di “altalena tra stasi e movimento”, ci consola sapere che anche in un eventuale “condizione estrema”, potremmo ancora contare sull’aiuto della tecnologia e della scienza.
L’unica nota stonata dell’articolo di cui sopra (ma purtroppo necessaria) è l’accenno ai costi del trattamento suddetto, che raggiungerebbero somme sui 20mila euro per ogni intervento, ovviamente a carico del servizio sanitario. Considerando i tempi di migragna di quasi tutti i settori dello Stato “non produttivi di grana”, dalla Scuola alla Sanità, è facile immaginare che i nostri politici implementeranno tali apparecchiature salvaparkinson... col cavolo, appunto! Magari col dito medio in su. A meno che non si dimostri che quelli dei leghisti padani e dei cavalieri smeraldini non siano Alzehimer, ma tanti tremolissimi Parkinson