MISTER PARKINSON 8
8^ PUNTATA
Chiedo scusa per il ritardo. In queste ultime due settimane sono stato impegnato nell’organizzazione di “eventi” culturali legati alla Libreria del nostro Capitano Nemo e non ho avuto il tempo di dare retta alle pretese egocentriche del mio alter ego Mister Parkinson. In realtà, non ne ho voglia nemmeno oggi. Perciò ho deciso di dare un’occhiata ad una mia vecchia “attività pregressa”, legata alla collaborazione con il giornale La Nuova Sardegna , per cui, fino a sei o sette anni fa, scrivevo una rubrica “free lance”, nel senso che non aveva scadenze precise e che proprio per questo si chiamava “Onde Anomale”.
Ho avuto modo di rileggere alcune delle ultime puntate (risalgono al 2004 e al 2005), alcune delle quali mai pubblicate (e forse censurate), che oggi mi piace riproporle in questo mio Blog, che è di per sé “anomalo” anche lui. Vi si parla della strage Beslan del 3 settembre 2004, dell’ormai mitico, nonché iettatorio, 11 di settembre del 2001, ma anche di Viagra e del Principe Carlo che non sarà mai re. Perché lo faccio? Così, per il gusto di giocare un po’.
Bona lettura.
ONDE ANOMALE
4 settembre 2004
Il primo impulso feroce, dopo la strage di Beslan, prima ancora del dolore e della rabbia, è stato quello di cancellare dal vocabolario e dal computer parole come: separatismo, autodeterminazione, diritti fondamentali, fondamentalismo, Cecenia. Mentre il nome Ossezia, che abbiamo imparato a conoscere solo l’altro ieri e che ci è piovuta addosso con tutta le sue orribili assonanze cimiteriali, ha invece trovare subito un posto privilegiato tra i luoghi tragici della nostra memoria, da Ashwitz a Fallusja. Se prima, da disincantati osservatori dei fatti del mondo moderno nonché globalizzato e carogna, guardavamo con un pizzico di simpatia ai guerriglieri di quella regione dell’ex Unione Sovietica (ma solo perché il piccolo Zar dagli occhi di ghiaccio della nuova Russia ci stava sulle scatole) ora, con gli occhi pieni dell’orrore proveniente da quella scuola elementare, abbiamo davvero capito che pietà l’è morta, ma anche che la nostra capacità di comprensione è entrata in coma. Chiunque abbia avuto la ventura di governare per tantissimi anni una struttura educativa come quella vista in televisione, chiunque abbia avuto a che fare, per lavoro e per passione, con centinaia di bambini in piena fase di crescita, tutti profondamente fiduciosi nella capacità degli adulti significativi della famiglia e della scuola di difenderli dai pericoli della vita, potrà comprendere il senso di frustrazione, di umiliazione, di inettitudine che ci ha colpiti al cuore e alla gola, nel vedere le immagini di quei bambini seminudi correre alla disperata incontro a chiunque, disidratati, pieni di sangue, di dolore, di terrore senza nome. Questa è stato il primo impulso feroce. Il secondo impulso, invece… Il secondo impulso, quello chiarificatore, non c’è ancora stato. Perché niente ci toglie dalla mente che quegli uomini armati erano lì solo ed esclusivamente per uccidere quei bambini e quelle madri proprio nel momento più eccitante dell’anno scolastico, durante la grande festa d’inizio delle attività. E non volevano trattare un bel niente con nessuno. Erano lì per testimoniare il loro fanatismo satanico, per divulgare il loro veleno ideologico, per fare “Bum!” e basta. Forse più in là riusciremo a capire qualcosa, a trovare una qualche giustificazione ad un gesto così bestiale, ma solo quando sapremo se la piccola Alana di sei anni è sopravvissuta all’orrore del distacco forzato da sua madre Zalina, costretta a scegliere tra la sua vita e quella del fratellino che di anni ne aveva solo due.
P.S – Abbiamo letto oggi che la piccola Alana si è salvata, ma continuiamo ugualmente a non capire la bestialità dei terroristi ceceni in Ossezia.
11 settembre 2004
DOPO L’11 SETTEMBRE DEL 2001
Dopo l’11 settembre il mondo non sarà più come prima, si sente dire sempre più spesso, soprattutto in televisione, dove questa data funerea sembra aver sostituito il 2 novembre. E il senso sembra essere quello di una svolta irripetibile, certamente unica (nessuno aveva mai osato attaccare gli Stati Uniti d’America in casa loro!). Ma di 11 settembre, in questo secolo e in quello precedente, ce ne sono stati un’infinità. Per dirne una, il più vicino a noi e il più tragico fu l’11 settembre del 1973, quando i jet militari di Pinochet diedero l’avvio a Santiago del Cile ad uno dei più grandi genocidi politici del mondo occidentale. Ce lo ha ricordato, sabato sera su Rai 3, il regista inglese Ken Loach, insieme ad altri dieci registi da tutto il mondo, ciascuno dei quali ha avuto 11 minuti e nove secondi per ricordare il giorno e il mese dell’attentato alle torri gemelle di New York. Undici brevissimi e interminabili punti di vista, undici storie straordinarie di anonimi protagonisti di quel giorno fatidico, diventato ormai il simbolo negativo di un’epoca che prometteva ben altre prospettive per l’umanità.
Una volta, da studenti, ci si lamentava del fatto che i libri di Storia fossero pieni di date da studiare a memoria, e si chiedeva invece di ragionare di più sulle cause e sui fatti. Oggi ci rendiamo conto, invece, che le date contano molto di più dei fatti e che cause ed effetti si ripetono con sempre più devastante regolarità per mantenere il diritto ad essere trattenuti nella nostra memoria. Chissà cosa diranno i nostri pronipoti, fra cinquant’anni, a proposito dell’11 settembre del 2001. Era presidente dell’America George Bush primo o George Doppio Bush secondo? E l’11 settembre del ’73 come si chiamava il generale che ordinò agli aerei di bombardare “La Moneda ” di Santiago per annientare il legittimo governo cileno del presidente Allende? Augusto Pinochet o Hanry Kissinger? E se fosse stato quest’ultimo, come mai nessun tribunale internazionale lo ha mai giudicato per crimini contro l’umanità? Inoltre: il 3 settembre del 2004, durante il massacro dei bambini di Beslan, chi regnava in Russia: il Ras Putin con la barba o quello senza barba ma con due grandi baffoni, che deportava in Siberia i ceceni? Forse ha ragione il vignettista Altan, quando su Repubblica fa dire ad un suo personaggio che “è ora che l’umanità si dimetta”. A volte si ha l’impressione che le dimissioni siano avvenute da molti anni. Ma nessuno vuole seriamente crederci. Nemmeno noi.
9 aprile .2005
IL MATRIMONIO DEL PRINCIPE CARLO
Si può, dopo questa lunghissima Pasqua dominata dalla passione del papa più venerato al mondo da chissà quanti secoli, riprendere a sorridere un po’ dei piccoli malanni dei piccoli grandi uomini del nostro secolo? Parliamo del principe Carlo, naturalmente, e del suo sfigatissimo matrimonio con la sua amatissima Camilla. Già il fatto di essere ancora un semplice principe a 55 anni suonati dev’essere per lui una sofferenza tremenda. Se io Biancaneve, dopo quarantenni di catalessi, fossi stata baciata da un principe azzurro già decrepito come il cucco, mi sarei girata dall’altra parte e buonanotte al vecchio. Per non parlare della faccenda del matrimonio in Municipio, come comuni mortali, a scavalco tra una coppia di tassisti e una di semplici operai, per di più senza telecamere al seguito perché tutte impegnate nel più grande concorso ippico del regno, in cui, a quanto pare, la plebea Camilla non sarebbe stata bene accetta nemmeno ai nastri di partenza. Loro avrebbero voluto sposarsi più regalmente nel grande Castello di Windsor, ma non è stato possibile perché sembra che, per via della rigida regola fiabesca del numero tre, se il principe e la sua amata si fossero sposati a Windsor, per i prossimi tre anni qualunque mortale avrebbe potuto chiedere di sposarsi nello storico castello, e il rospo non si sarebbe mai trasformato in regina.
Ma la cosa più terribile per l’ancora principe di Galles e la sua regale consorte dev’essere stata la gimcana del loro matrimonio tra una morte mediatica eccellentissima e l’altra: prima il papa Giovanni Paolo II, con l’omaggio di tutti i potenti della terra, e poi la scomparsa di Ranieri di Monaco, anche lui principe semplice di complemento, ma già vedovo di una regina di fatto, sia pure di celluloide: e non vorremo mettere di certo Camilla con Grace Kelly, vero? Chissà perché, mi viene in mente la storia di Zuniari, sassarese di “la Conza ”, autista pro tempore della regina Elisabetta, il quale provoca un incidente alla macchina del principe Filippo, mandandola fuori strada; e, alle rimostranze dell’altro autista che lamenta d’aver messo in pericolo addirittura la vita del viceré, lui apre la sua portiera e risponde: <<E acchì chista, meldha ti pari, ah?!>>. (“E perché, questa ti sembra cacca?”)
(Mai pubblicato)
1 giugno 2005
SE ANCHE IL VIAGRA FA BRUTTI SCHERZI
Si può ancora sorridere in un paese mediatico come il nostro, dove neppure Berlusconi riesce più a far passare le sue barzellette in orario pre serale, per ragioni di “par condicio” col faccione sempre più triste e floscio di Prodi alle prese con le grandi manovre centriste del suo ex partito? E’ possibile sganasciarsi un pochino dopo cena, quando le trasmissioni satiriche, quando ci sono, vanno tutte collocate in orari notturni? Eppure le notizie divertenti non mancano di certo, ma sono relegate in seconda o terza serata, per non disturbare i manovratori. Per esempio, la storia dell’abuso di “Viagra” che renderebbe ciechi sarebbe una manna per un buon cabaret serale. E invece te la raccontano del segreto della notte, quando i bambini sono già tutti a letto.
Pare, comunque, che una trentina di ex arzilli vecchietti siano incorsi in questo incredibile inconveniente, che sa più di leggenda metropolitana che di storia vera. Perché se fosse autentica, si tratterebbe probabilmente di un equivoco comunicativo. E’ possibile, insomma, che nessuno abbia detto ai poveri vecchietti che la miracolosa pillola azzurra funziona soprattutto in occasione di accoppiamento. Perciò i poverini, trovandosi soli con un “coso” lungo così, ne avrebbero fatto un abuso solitario, incorrendo in tal modo nell’antico anatema di quei vecchi prelati della nostra infanzia, secondo cui a fare “certe cose” si diventa ciechi. E, puntuale come un referendum, l’anatema ha funzionato.
Ma la maledizione, a quanto pare, non finisce qui.. Alcuni avvocati americani hanno scoperto che l’abuso del pillolone avrebbe provocato in molti loro clienti un irrefrenabile desiderio di darsi al gioco delle scommesse - cavalli, motociclette, slot machines, poker, eccetera – rimettendoci interi patrimoni (Toh! Non vi ricorda la sesta puntata di questo blog? Non sarà che il Viagra l’avrà inventato Mister Parkinson?!). A questo punto è facile ritenere che fra breve il pillolone azzurro potrebbe essere ritenuto responsabile di istigazione alla droga, di fuorviare i bambini dal giusto rispetto per gli anziani, di clonazioni abusive e forse persino di terrorismo. Ragion per cui, appare più che giustificato l’anatema secondo cui non basta dire semplicemente “No” al Viagra solitario: bisogna anche astenersi dal recarsi in farmacia a comprarlo, altrimenti ti manca la vista e ti si seccano anche le mani.
(Ultima puntata della serie. Decisamente censurato, forse perché concomitante col referendum sulla procreazione assistita))