domenica 30 gennaio 2011

MISTER PARKINSON 8

MISTER PARKINSON 8

8^ PUNTATA

Chiedo scusa per il ritardo. In queste ultime due settimane sono stato impegnato nell’organizzazione di “eventi” culturali legati alla Libreria del nostro Capitano Nemo e non ho avuto il tempo di dare retta alle pretese egocentriche del mio alter ego Mister Parkinson. In realtà, non ne ho voglia nemmeno oggi. Perciò ho deciso di dare un’occhiata ad una mia vecchia “attività pregressa”, legata alla collaborazione con il giornale La Nuova Sardegna, per cui, fino a sei o sette anni fa, scrivevo una rubrica “free lance”, nel senso che non aveva scadenze precise e che proprio per questo si chiamava “Onde Anomale”.
Ho avuto modo di rileggere alcune  delle ultime puntate (risalgono al 2004 e al 2005), alcune delle quali mai pubblicate (e forse censurate), che oggi mi piace riproporle in questo mio Blog, che è di per sé “anomalo” anche lui. Vi si parla della strage Beslan del 3 settembre 2004, dell’ormai mitico, nonché iettatorio,  11 di settembre del 2001, ma anche di Viagra e del Principe Carlo che non sarà mai re. Perché lo faccio? Così, per il gusto di giocare un po’.
Bona lettura.

ONDE ANOMALE

4 settembre 2004
                                  
LA STRAGE DI BESLAN (163 bambini uccisi in una scuola dai separatisti ceceni)

Il primo impulso feroce, dopo la strage di Beslan, prima ancora del dolore e della rabbia, è stato quello di cancellare dal vocabolario e dal computer parole come: separatismo, autodeterminazione, diritti fondamentali, fondamentalismo, Cecenia. Mentre il nome Ossezia, che abbiamo imparato a conoscere solo l’altro ieri e che ci è piovuta addosso con tutta le sue orribili assonanze cimiteriali, ha invece  trovare subito un posto privilegiato tra i luoghi tragici della nostra memoria, da Ashwitz a Fallusja. Se prima, da disincantati osservatori dei fatti del mondo moderno nonché globalizzato e carogna, guardavamo con un pizzico di simpatia ai guerriglieri di quella regione dell’ex Unione Sovietica (ma solo perché il piccolo Zar dagli occhi di ghiaccio  della  nuova Russia ci stava sulle scatole) ora, con gli occhi pieni dell’orrore proveniente da quella scuola elementare, abbiamo davvero capito che pietà l’è morta, ma anche che la nostra capacità di comprensione è entrata in coma. Chiunque abbia avuto la ventura di governare per tantissimi anni una struttura educativa come quella vista in televisione, chiunque abbia avuto a che fare, per lavoro e per passione, con centinaia di bambini in piena fase di crescita, tutti profondamente fiduciosi nella capacità degli adulti significativi della famiglia e della scuola di difenderli dai pericoli della vita, potrà comprendere il senso di frustrazione, di umiliazione, di inettitudine che ci ha colpiti al cuore e alla gola, nel vedere le immagini di quei bambini seminudi correre alla disperata incontro a chiunque, disidratati, pieni di sangue, di dolore, di terrore senza nome.  Questa è stato il primo impulso feroce. Il secondo impulso, invece… Il secondo impulso, quello chiarificatore,  non c’è ancora stato. Perché niente ci toglie dalla mente che quegli uomini armati erano lì solo ed esclusivamente per uccidere quei bambini e quelle madri proprio nel  momento più eccitante dell’anno scolastico, durante la grande festa d’inizio delle attività. E non volevano trattare un bel niente con nessuno. Erano lì per testimoniare il loro fanatismo satanico,  per divulgare il loro veleno ideologico, per fare “Bum!” e basta. Forse più in là riusciremo a capire qualcosa, a trovare una qualche giustificazione ad un gesto così bestiale, ma solo quando sapremo se la piccola Alana di sei anni è sopravvissuta all’orrore del distacco forzato da sua madre Zalina, costretta a scegliere tra la sua vita e quella del fratellino che di anni ne aveva solo due.

P.S – Abbiamo letto oggi che la piccola Alana si è salvata, ma continuiamo ugualmente a non capire la bestialità dei terroristi ceceni in Ossezia.  


11 settembre 2004
                                  
DOPO L’11 SETTEMBRE DEL 2001
Dopo l’11 settembre il mondo non sarà più come prima, si sente dire sempre più spesso, soprattutto in televisione, dove questa data funerea sembra aver sostituito il 2 novembre. E il senso sembra essere quello di una svolta irripetibile, certamente unica (nessuno aveva mai osato attaccare gli Stati Uniti d’America in casa loro!). Ma di 11 settembre, in questo secolo e in quello precedente, ce ne sono stati un’infinità. Per dirne una, il più vicino a noi e il più tragico fu l’11 settembre del 1973, quando i jet militari di Pinochet diedero l’avvio a Santiago del Cile ad uno dei più grandi genocidi politici del mondo occidentale. Ce lo ha ricordato, sabato sera su Rai 3, il regista inglese Ken Loach, insieme ad altri dieci registi da tutto il mondo, ciascuno dei quali ha avuto 11 minuti e nove secondi per  ricordare il giorno e  il mese dell’attentato alle torri gemelle di New York. Undici  brevissimi e interminabili punti di vista, undici storie straordinarie di anonimi protagonisti di quel giorno fatidico, diventato ormai il simbolo negativo di un’epoca che prometteva ben altre prospettive per l’umanità.
   Una volta, da studenti,  ci si lamentava del fatto che i libri di Storia fossero pieni di date da studiare a memoria, e si chiedeva invece di ragionare di più sulle cause e sui fatti. Oggi ci rendiamo conto, invece, che le date contano molto di più dei fatti e che cause ed effetti si ripetono con sempre più devastante regolarità per mantenere il diritto ad essere trattenuti nella nostra memoria. Chissà cosa diranno i nostri pronipoti, fra cinquant’anni, a proposito dell’11 settembre del 2001. Era presidente dell’America George Bush primo o George Doppio Bush secondo? E l’11 settembre del ’73 come si chiamava il generale che ordinò agli aerei di bombardare  “La Moneda” di Santiago per annientare il legittimo governo cileno del presidente Allende? Augusto Pinochet o Hanry Kissinger? E se fosse stato quest’ultimo, come mai nessun tribunale internazionale lo ha mai giudicato per crimini contro l’umanità? Inoltre:  il 3 settembre del 2004, durante il massacro dei bambini di Beslan, chi regnava in Russia: il Ras Putin con la barba o quello senza barba ma con due grandi baffoni, che deportava in Siberia i ceceni? Forse ha ragione il vignettista Altan, quando su Repubblica fa dire ad un suo personaggio che “è ora che l’umanità si dimetta”. A volte si ha l’impressione che le dimissioni siano avvenute da molti anni. Ma nessuno vuole seriamente crederci. Nemmeno noi.



9 aprile .2005

IL MATRIMONIO DEL PRINCIPE CARLO

Si può, dopo questa lunghissima Pasqua dominata dalla passione del papa più venerato al mondo da chissà quanti secoli, riprendere a sorridere un po’ dei piccoli malanni dei piccoli grandi uomini del nostro secolo? Parliamo del principe Carlo, naturalmente, e del suo sfigatissimo matrimonio con la sua amatissima Camilla. Già il fatto di essere ancora un semplice principe a 55 anni suonati dev’essere per lui una sofferenza tremenda. Se io Biancaneve, dopo quarantenni di catalessi, fossi stata baciata da un principe azzurro già decrepito come il cucco, mi sarei girata dall’altra parte e buonanotte al vecchio.  Per non parlare della faccenda del matrimonio in Municipio, come comuni mortali,  a scavalco tra una coppia di tassisti e una di semplici operai, per di più  senza telecamere al seguito perché tutte impegnate nel più grande concorso ippico del regno, in cui,  a quanto pare, la plebea Camilla non sarebbe stata bene accetta nemmeno ai nastri di partenza.  Loro avrebbero voluto sposarsi più regalmente nel grande Castello di Windsor, ma non è stato possibile perché sembra che, per via della rigida regola fiabesca del numero tre, se il principe e la sua amata si fossero sposati a Windsor, per i prossimi tre anni qualunque mortale avrebbe potuto chiedere di sposarsi nello storico castello, e il rospo non si sarebbe mai trasformato in regina.
   Ma la cosa più terribile  per l’ancora principe di Galles e  la sua regale consorte  dev’essere stata la gimcana del loro matrimonio tra una morte mediatica eccellentissima e l’altra: prima il papa Giovanni Paolo II, con l’omaggio di tutti i potenti della terra,  e poi la scomparsa di Ranieri di Monaco, anche lui principe semplice di complemento, ma già vedovo di una regina di fatto, sia pure di celluloide: e non vorremo mettere di certo Camilla con Grace Kelly, vero? Chissà perché, mi viene in mente la storia di Zuniari, sassarese di “la Conza”, autista pro tempore della regina Elisabetta, il quale provoca un incidente alla macchina del principe Filippo, mandandola fuori strada;  e, alle rimostranze dell’altro autista che lamenta d’aver messo in pericolo addirittura la vita del viceré, lui apre la sua portiera e risponde: <<E acchì chista, meldha ti pari, ah?!>>. (“E perché, questa ti sembra cacca?”)

(Mai pubblicato)


1 giugno 2005

SE ANCHE IL VIAGRA FA BRUTTI SCHERZI
Si può ancora sorridere in un paese mediatico come il nostro, dove neppure Berlusconi riesce più a far passare le sue barzellette in  orario pre serale, per ragioni di “par condicio” col faccione sempre più triste e floscio di Prodi alle prese con le grandi manovre centriste del suo ex partito? E’ possibile sganasciarsi un pochino dopo cena, quando le trasmissioni satiriche, quando ci sono, vanno tutte collocate in orari notturni? Eppure le notizie divertenti non mancano di certo, ma sono relegate in seconda o terza serata, per non disturbare i manovratori. Per esempio, la storia  dell’abuso di  “Viagra” che renderebbe ciechi sarebbe una manna per un buon cabaret serale. E invece te la raccontano del segreto della notte, quando i bambini sono già tutti a letto.
   Pare, comunque,  che una trentina di ex arzilli vecchietti siano incorsi in questo incredibile inconveniente, che sa più di leggenda metropolitana che di storia vera. Perché se fosse autentica, si tratterebbe probabilmente di un equivoco comunicativo. E’ possibile, insomma, che nessuno abbia detto ai poveri vecchietti che la miracolosa pillola azzurra funziona soprattutto in occasione di accoppiamento. Perciò i poverini, trovandosi soli con un “coso” lungo così, ne avrebbero fatto un abuso solitario, incorrendo in tal modo nell’antico anatema di quei vecchi prelati della nostra infanzia, secondo cui a fare “certe cose” si diventa ciechi. E, puntuale come un referendum, l’anatema ha funzionato.
   Ma la maledizione, a quanto pare, non finisce qui.. Alcuni avvocati americani hanno scoperto che l’abuso del pillolone avrebbe provocato in molti loro clienti un irrefrenabile desiderio di darsi al gioco delle scommesse - cavalli, motociclette, slot machines, poker,  eccetera – rimettendoci interi patrimoni (Toh! Non vi ricorda la sesta puntata di questo blog? Non sarà che il Viagra l’avrà inventato Mister Parkinson?!). A questo punto è facile ritenere che fra breve il pillolone  azzurro potrebbe essere ritenuto responsabile di istigazione alla droga, di fuorviare i bambini  dal giusto rispetto per gli anziani, di clonazioni abusive e forse persino di terrorismo. Ragion per cui, appare più che giustificato l’anatema secondo cui  non basta dire semplicemente “No” al Viagra solitario: bisogna anche astenersi dal  recarsi in farmacia a comprarlo, altrimenti ti manca la vista e ti si seccano anche le mani.

(Ultima puntata della serie. Decisamente censurato, forse perché concomitante col referendum sulla procreazione assistita))

venerdì 14 gennaio 2011

MISTER PARKINSON 7

MISTER PARKINSON 7

7^ puntata

Morbo o malattia, che differenza fa?

Sempre a proposito di Mister Parkinson (giusto per non perdere il filo del discorso), su  Google-Internet sembra essersi aperta una diatriba di tipo semantico, legato alla definizione del malanno in questione, che lì viene denominato insistentemente come  “malattia” anziché “morbo”, come invece lo  definì nel  1817 il suo scopritore , il dottor James Parkinson.
La questione non è faccenda da poco. La parola “morbo”, infatti, sa di medioevo lontano, quello collegato alle epidemie di peste o di colera o di diarrea cronica che non lasciavano scampo; mentre una bella e sana  “malattia” può passare per un semplice e legittimo impedimento, da utilizzare anche in ambito di lavoro, magari per farsi stilare un piccolo certificato medico per un paio di giorni di assenza dal servizio (o dal tribunale). Pensiamo, invece, ad un “morbo” vero e proprio: <<Capo, c’ho un morbo allo stomaco che m’impedisce di venire in ufficio per questo week end>>. Apriti cielo! Qui ti mandano a casa  tre medici fiscali, che ti rinchiudono in un lazzaretto e buttano via la chiave.
E tuttavia, non manca chi contesta, sostenendo che un sano e romantico “morbo” è più  sopportabile (e, comunque, più morbido) di una feroce “malattia”, che sa di “male” e di  “maledizione”, che a loro volta stanno per “malaugurio” e “pindacceria”.
Comunque lo si voglia definire, io continuerò a chiamarlo semplicemente Mister Parkinson.

La novità vera di questa puntata è la scoperta che, da un po’ di tempo, con Iole abbiamo incominciato a modificare gli scaffali del mio studio, trascurando per la prima volta i libri di narrativa e quelli per ragazzi, per sostituirli pian piano con testi di Medicina e, in particolare, con trattati che sappiano descrivere il mio cervello. Chissà? Forse studiando meglio i miei neuroni a specchio, le sinapsi e i lobi frontali, riusciremo a capire perché e quando la mia dopamina se l’è svignata.
D’altro canto, il nostro compito è facilitato dalla presenza, nella nostra vita, di una  vera e propria libreria, che nostro figlio Nemo gestisce a Porto Torres (in realtà lui di nome fa Enzo Paolo, ma i ragazzini del quartiere lo chiamano Capitano Nemo, per via del nome scelto proprio per quella libreria). Da un po’ di tempo, a causa delle richieste della clientela,  sono cresciute a dismisura nella zona centrale del negozio due ripiani contenenti:
a)  un incredibile numero di libri di cucina, da “Cotti e mangiati” a “Abbasso la  trippa”,  che laTv non  fa altro che pubblicizzare tutti i santi giorni a tutte  le ore, presumibilmente per accontentare gli sponsor di arte culinaria e di pasta Barilla. Si vendono come i panettoni a Natale.
b) un ricco patrimonio di testi di Psicologia, Sociologia e Medicina, che ci hanno subito insospettito. In un primo momento abbiamo pensato  che ai distributori di libri avanzassero scantinati interi di testi di questo genere, completamente invenduti, che ora rifilavano al Capitano Nemo, giusto per scaricarsene un bel po’. Ma poi, quando abbiamo dovuto verificare di persona la bontà esplicativa di questi testi scientifici, soprattutto in relazione all’esistenza stessa di Mr. Parkinson, ci siamo accorti che la maggior parte di questi libri sono scritti da persone  qualificate, che però hanno deciso di personalizzarli, rendendoli gustosi a qualunque (o quasi) tipo di lettore. Per questo vanno quasi a ruba.
Alcuni di questi libri sono dei veri e propri romanzi-verità, scritti da professionisti della disciplina in questione – medici, psicologi, sociologi, etc. -, desiderosi, finalmente, di farsi capire.
Il vero alfiere di questa rivoluzione comunicativa è il grandissimo Oliver Sacks, professore di Neurologia all’Università di New York. <<Sono un appassionato lettore di storie cliniche – scrive di lui Pietro Citati -, ma non ho mai letto dei racconti psicologici così intensi come quelli narrati da Oliver  ne “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello...E’ un libro che vorrei consigliare a tutti: medici e malati, lettori di romanzi e di poesia cultori di psicologia e metafisica, vagabondi e sedentari, realisti e fantastici>>.
Mi associo in pieno al consiglio dalla A alla Zeta. Sacks non è un semplice neurologo, ma un geniale indagatore e comunicatore di verità scientifiche, capace di trasformarle in poetiche condizioni di vita, anche le più estreme, e soprattutto di renderle accettabili. Uno dei suoi romanzi scientifici più noti, intitolato “Risvegli”, diventò un bellissimo film di Penny Marshall, candidato all’ Oscar nel 1990, con Robert De Niro e Robin Williams. Il film racconta la storia autobiografica dello stesso Oliver Sacks che scopre gli effetti di un nuovo farmaco, l’L-Dopa (sostitutivo della dopamina), che si rivela particolarmente efficace nella terapia del morbo di Parkinson. Sacks somministra il novo farmaco ad un paziente affetto da Encefalite letargica”,  simile al parkinsonismo, e De Niro si risveglia, insieme ad altri ammalati come lui, rivivendo (ma solo illusoriamente) una nuova vita..
L’ultimo trattato-romanzo del nostro neurologo scrittore s’intitola “Musicofilia”, dove Sacks scopre le enormi possibilità terapeutiche della musica nella nostra vita, in quanto <<L’ascolto della musica è un’esperienza non solo  uditiva ed emozionale, ma anche motoria>>, e in quanto tale, può essere utilizzata in numerosi settori della nostra esperienza quotidiana.
Esperienza che io cercherò di trasmetterò all’ineffabile Mr Parkinson affinché mediti anche lui sulle emozioni altrui. Perciò prima o poi gli presenterò (ma molto alla lontana) Monsieur Alzheimer, alter ego di un’anziana signora che conosco da una vita.
Monsieur Alzheimer le si presentò con molta discrezione alcuni anni fa,  subito dopo la morte dolorosa del marito. Naturalmente l’ineffabile monsieur era già in agguato da tempo, perché anche nel  suo caso trattasi della fuga dal cervello di un neurotrasmettitore, e cioè di una molecola fondamentale per la conservazione della memoria..
La signora in questione, indebolita dalla sofferenza per la lunga agonia del marito, è ormai prigioniera di Monsieur  Alzheimer, sia pure nella sua prima fase, che la priva della “memoria breve”: il che significa che lei ricorda benissimo gli anni magici  vissuti  con un marito burbero, ma anche affettuoso, e con due splendidi figli, che gli hanno dato dei nipotini bellissimi; anni, però,  che si perdono nel vuoto della memoria quando i fatti  che  la riguardano sono troppo ravvicinati. In questi casi, secondo i neurologi, la sopravvivenza si trova soprattutto nei punti di riferimento della propria vita: i figli, i nipoti e il proprio habitat naturale, e cioè, la propria casa.
Se avete una certa età e una memoria di m..., diffidate di chi vi propone una vecchiaia da favola presso un istituto per anziani, perché anche se fosse il più bello del mondo, non riuscirebbe mai a sostituire la sicurezza  della vostra vera casa, non solo dal punto di vista affettivo, ma anche da quello “topografico”, nel senso che anche nelle fasi più critiche del suo malanno mnemonico, la signora in questione riesce a muoversi nel suo habitat  con assoluta tranquillità. Grazie anche alla sua vecchia passione per la bella musica e le belle canzoni che hanno accompagnato la sua vita. Così, quando deve muoversi per raggiungere gli spazi desiderati della sua casa, lei canta a bassa voce una delle tante melodie della sua gioventù e muove diritta dove vuole. Se deve andare nella sua stanza da letto, lei intona “No poto reposare” e non sbaglia un mattone; se deve andare in cucina, dove fa tutto lei, (nonostante la presenza attenta della sua badante), la sua voce melodiosa da contralto intona una vecchia canzone napoletana. Ed è lì che ogni suono e ogni nota, al di là del senso delle parole, diventano di volta in volta un cassetto da aprire, del cibo da cucinare e un tavolo da apparecchiare... Ma a capotavola rimane sempre una sedia vuota.

giovedì 6 gennaio 2011

MISTER PARKINSON 6

MISTER PARKINSON 6

6^ puntata

A proposito di slot machine e di sesso a gogò

Dunque, il mio ineccepibile “bugiardino” del farmaco quotidiano (e cioè, il foglietto informativo di cui abbiamo parlato nella terza puntata di questo blog) aveva ragione nel mettermi in guardia contro l’eventuale nonché “inusuale stimolo a giocare d’azzardo o un aumento  dello stimolo e/o del comportamento sessuale”, a causa dell’uso smodato della mia medicina giornaliera, l’implacabile ***, che contiene tra i tanti componenti anche il famigerato “Ropinirolo”(detto anche “Rapinirolo”, e si capisce il perché!). Leggo infatti, sul Corriere della sera  del 5 gennaio u.s. di un pensionato di Viareggio che assume un farmaco simile al mio, ugualmente non nominato e, dunque, identico. Questo giovanotto, che oggi ha solo 70 anni, convive con Mr Parkinson da più di 10 anni e,  a quanto pare, il farmaco che assume per tre volte al giorno avrebbe subdolamente convinto il nostro amico a giocare d’azzardo, proprio come da copione.
 «Mi hanno curato con un farmaco anti Parkinson – ha raccontato  agli inquirenti, durante la sua denuncia -, che come effetti collaterali provoca un’irrefrenabile spinta al gioco d’azzardo. E io ho giocato perdendo tutto».
Si parla di ben 300 mila euro e passa. Tutti perduti alla roulette? Oppure al poker o al calciobalilla? Niente affatto: sprecati al tabacchino con il gratta e vinci. Già, proprio così! Perché bisogna sapere che i tempi delle mitiche case da gioco alla Hitchikock  sono finiti e che persino il poker è un giochetto per ragazzini. Oggi dominano i misteriosi tabaccai e i cupi baristi delle slot-machine e soprattutto delle schedine del gratta e vinci. Tu gratti per caso una schedina di “Chi vuol essere milionario” e pochi attimi dopo ti ritrovi prigioniero di un sistema perverso che ti spinge a grattare con una monetina insignificante tutto ciò che appare grattabile, compresi i sogni e la cartella delle tasse. Ho visto decine di signore di buona famiglia scrostarsi le unghie (si fa per dire) su cartoncini colorati e pieni di numeri, alla ricerca di doppie o triple combinazioni, capaci di regalare pochi spiccioli e tanti mugugni di rabbia..
Ma ritorniamo al nostro imprudente settantenne giocatore d’azzardo. <<Il problema – ci spiega il Corriere -  è che quando nel 1999 l’ex commerciante ha iniziato la cura, il devastante effetto collaterale della dipendenza da gioco pare non fosse segnalato nelle avvertenze del medicinale (la segnalazione sarebbe comparsa nel cosiddetto «bugiardino» solo nel 2005) >>.  Perciò il nostro sodalo parkinsoniano si è scatenato inconsapevolmente con le slot-machine, i gratta e vinci, i bingo e i “Crapuloni per sempre”, facendosi risucchiare, giorno dopo giorno,  i risparmi di una vita
Anch’io ho giocato un paio di volte a “Turista per caso” o roba simile, vincendo spesso un’altra scheda (strano: il mio computer non ha scritto “scheda” , ma“sedia”, forse nel senso di: “Prego: si sieda e apra la tombola”... Che sia d’accordo col  tabaccaio?) da grattare e buttar via. Una volta ho vinto ben 15 euro, a fronte di una spesa iniziale di soli cinque euro. Avrei  potuto andarmene, intascando i dieci di guadagno, ma la situazione favorevole mi ha spinto,quasi inesorabilmente,  a rischiarli in un altro paio di schede, che si sono bloccate a quota zero. Perciò ho smesso, nonostante il parere contrario di Mister Parkison, che puntava al milione. E ora che so di poterci rimettere il valore della mia pensione dei prossimi dieci anni, prometto che non entrerò più in un tabacchino o al bar senza una scorta armata.
Ovviamente, se poi capita una buona occasione, magari del tutto casuale, mentre stai aspettando il tram accanto a una slot-machine, oppure, mentre gironzoli senza una meta precisa e ti ritrovi all’Ippodromo, dove qualcuno ti segnala un cavallo che sembra un brocco ma che in realtà e Furia  cavallo dell’West truccato da bonaccione, tu che fai?... Okay, Iole, va tutto bene! Stavo solo scherzando.
La cosa più strana è che questa sorta di gioco a perdere attrae sempre di più persone di ogni età, non necessariamente affiliati a Mr Parkinson, ma forse e più semplicemente attirati da un miraggio di ricchezza che viene promessa, con incantesimi comunicativi moderni, come se fosse davvero alla portata di tutti. Perciò è facile immaginare che cosa passi per la mente di ciascuno di questi giocatori solitari  che invadono tabaccherie e bar con un sogno dentro:  <<Complimenti! Lei ha vinto due milioni di euro. Ora non dovrà fare altro che dividerli in quote uguali e consegnarli ai suoi figli precari, che non vedono l’ora di rinchiuderla in un ospizio per vecchi, allo scopo d’impedirle di sprecare al gioco la quota di sua competenza>>.
Invece, riguardo all’altro avvertimento del bugiardino relativo all’ “ aumento  dello stimolo e/o del comportamento sessuale”, ci sfugge il nesso con i cosiddetti  “effetti indesiderati” del Ropiniloro, che nel caso specifico potrebbe al contrario beneficiare di un benevolo quanto gradito benestare da parte della maggioranza dei parkinsoniani. Non si può buttare tutto nella pattumiera, perbacco! Ragion per cui,  cerchiamo di ragionarci sopra con ponderazione e con atteggiamento distaccato e quasi scientifico. Ad esempio, quel “e/o” sbarrato nel bel mezzo significa  forse che lo “stimolo” potrebbe relazionarsi correttamente con il “comportamento sessuale”, nel senso darwiniano che a ogni stimolo sessuale, inteso come azione,  corrisponde una reazione uguale o, comunque, non troppo contraria? Oppure può essere interpretato come un optional compensativo, nel senso che lo stimolo stesso potrebbe seguire regole proprie, indipendentemente  dall’azione implicita nel comportamento sessuale in senso lato? (Ma che c... sto dicendo?).
Insomma, a pensarci un pochino, si potrebbe addirittura credere che ci troviamo di fronte ad una promessa di tipo platonico, se non proprio di una presa per i fondelli, giusto per far passare in secondo piano la faccenda dell’ istigazione alle scommesse fasulle.
Comunque si voglia porre il problema, per quanto mi riguarda personalmente, giuro solennemente che, nel caso specifico, non denuncerò mai nessuno, a prescindere. A patto però che il comportamento stia almeno alla pari con lo stimolo. E che la presenza  costante, silenziosa e un po’ tremula di quello stronzo di Mister Parkinson sia discreta e anche un po’ morta di sonno.